Lavori? Non ti rinnoviamo il contratto, l’assurda storia del capitano dell’Akragas

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10 Luglio 2024, 18:23

Alfonso Cipolla, niente contratto con l’Akragas perché dipendente di un’azienda. La notizia è di quelle che devono fare riflettere e che hanno bisogno di apprendimento perché investe non solo il lato sportivo ma anche quello giuridico e sociale.

All’Akragas da 5 anni

Il comunicato della società pur essendo chiaro mette in risalto uno dei tanti problemi che affliggono il mondo calcistico. “La Società dell’Akragas comunica, con enorme rammarico, che Alfonso Cipolla non sarà riconfermato – si legge nel comunicato ufficiale della società agrigentina. Le strade della società biancoazzurra e del capitano di lungo corso si separano dopo una magnifica avventura durata 5 anni, dopo tante vittorie e altrettante soddisfazioni fino all’arrivo in Serie D e conclusa con la permanenza nel medesimo campionato.

Le motivazioni della società

Quali le cause? Scarso rendimento, comportamenti antisportivi? Assolutamente no! E la società entra nella questione in modo puntuale senza lasciare nulla a caso. “La scelta della Società non è per nulla tecnica ma di natura organizzativa. Il nuovo management dell’Akragas non accetta, quest’anno, calciatori sotto contratto con aziende di qualsiasi genere e che svolgono altri tipi di lavoro. La Società pretende che ogni tesserato svolga assiduamente il lavoro per l’Akragas. Dunque, i dirigenti biancoazzurri hanno deciso di non avvalersi delle prestazioni di Alfonso Cipolla. La Società augura ad Alfonso le migliori fortune lavorative e di vita“.

Quanto guadagna un dilettante

La questione non è di poco conto. Infatti nel calcio dilettantistico i compensi sono bassi e spesso per raggiungere cifre dignitose le società mettono delle clausole specifiche come il premio partita o il premio promozione (o playoff) o premio salvezza o numero di gol realizzati o subite (per i portieri). Si parte dalla Serie D con contratti con una media di 1500/2000 euro, per arrivare in Promozione con una media di 600/800 euro. In prima categoria si può arrivare anche ad contratto di 300 euro mensile. Appare evidente che tanti calciatori, avendo famiglia, non possono essere nelle condizioni di poterla sostenere “con la diligenza del buon padre di famiglia” . Un concetto che appare chiaro e che non necessita ulteriori specifiche. Insomma spesso il calciatore dilettante e ancora peggio se tesserato in una squadra meridionale non ha un reddito stabile. Dieci mesi e poi? Spesso in caso di infortunio il costo di radiografie, medicine, fisioterapie è a carico ma sarebbe meglio dire, grava,  sul calciatore. Rimborsi spese per indennità chilometri si  riconoscono in poche società “mosche bianche”. E poi l’aspetto previdenziale. La pensione nel calcio dilettantistico è un miraggio o forse una chimera.

Considerazioni

La vicenda del calciatore dell’ Akragas non è un caso isolato. Spesso sono gli stessi calciatori a chiudere la carriera per dedicarsi al lavoro a tempo determinato in un’ azienda. L’incompatibilità in alcuni casi è evidente. Lavorare in un centro commerciale o in un ufficio pubblico significa andare a mediare orari di lavoro spesso difficili da armonizzare con trasferte lunghe o ritiri precampionato. E dunque che fare? Rinunci alla passione o allo stipendio fisso?

Cosa prevede la normativa

Tutto  ruota attorno al termine “pretende”, ma cosa prevede la normativa? La Federazione Italiana Giuoco Calcio, la Lega Nazionale Dilettanti e l’Associazione Italiana Calciatori hanno di recente stipulato il nuovo accordo collettivo nazionale, valido esclusivamente per la stagione 2023/2024, per la regolamentazione dei contratti di lavoro sportivo nell’area del dilettantismo, in adattamento alla recente riforma che ha colpito l’ordinamento sportivo. Oggi il rapporto di lavoro sportivo nell’area del dilettantismo è infatti regolato dall’art. 28 del d.lgs. n. 36 del 2021, modificato a seguito del decreto correttivo n. 120 del 2023, il quale stabilisce che “nell’area del dilettantismo, il lavoro sportivo si presume oggetto di contratto di lavoro autonomo, nella forma della collaborazione coordinata e continuativa, quando ricorrono i seguenti requisiti nei confronti del medesimo committente: a) la durata delle prestazioni oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo, non supera le ventiquattro ore settimanali, escluso il tempo dedicato alla partecipazione a manifestazioni sportive; b) le prestazioni oggetto del contratto risultano coordinate sotto il profilo tecnico-sportivo, in osservanza dei regolamenti delle Federazioni sportive nazionali, delle Discipline sportive associate e degli Enti di promozione sportiva, anche paralimpici”. Gli artt. 7 e 8 dell’accordo collettivo si occupano degli obblighi in capo all’atleta e alla società prevedendo un elenco di comportamenti richiesti dalle parti. Tra le previsioni più interessanti vi è la possibilità per il/la calciatore/trice di esercitare ulteriori attività lavorative purché compatibili con l’impegno assunto e non in concorrenza e in contrasto con gli interessi della società, così come la possibilità per quest’ultima di sospendere il corrispettivo dell’atleta nel caso di squalifica da parte degli Organi di Giustizia Sportiva FIGC superiore a 30 giorni o corrispondente a 5 giornate derivanti da condotte esclusivamente imputabili al tesserato.

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10 Luglio 2024, 18:23

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