Filippo Ferrante, l’anima del Canicattì: “Devo tutto alla mia famiglia”

di Redazione

Filippo Ferrante è certamente uno dei migliori prospetti e conoscitore del mondo del pallone del panorama siciliano: a soli 21 anni, il giovane Filippo, nato e cresciuto a Canicattì, dopo aver ricoperto con grandi risultati gli incarichi di Match Analyst e responsabile dell’area comunicazione dell’ASD Canicattì, da inizio stagione è anche il  tecnico della formazione Under 19 dei racinari.

Nell’ambiente in molti hanno apprezzato il lavoro di un giovanissimo addetto ai lavori cui non piace stare fermo, per ampliare costantemente il bagaglio di crescita calcistica. A 21 anni non bisogna, poi, fare tanta fatica per ricordare le tappe di un cammino breve, seppure intenso, per parlare di dove tutto ha inizio, non trascurando aspetti fondamentali quali la famiglia, l’educazione e le passioni.

Vivo in una famiglia – esordisce il giovane tecnico – che non mi ha mai fatto mancare nulla e mi ha sempre supportato in ogni mia scelta, non mettendomi mai i bastoni tra le ruote. Se sono quello di oggi lo devo esclusivamente ai miei genitori per gli esempi e l’educazione che mi hanno impartito. Non voglio dire cose non vere, ma fin da piccolo ho sempre avuto la passione per la scrittura, anche se la mia professoressa di italiano delle superiori probabilmente di questo non è stata mai conscia (ride, ndr). Fino all’età di 15 anni camminavo sempre con un foglio e una penna in tasca per scrivere tutti i movimenti di calciomercato di Serie A. Quando giocavo con la PlayStation su Fifa tutti mi dicevano fossi allenatore per il mio modo di far giocare le squadre, caratterizzato da un infinito possesso palla”.

Parliamo subito dell’aspetto della formazione e del percorso di crescita, aspetti tutti declinati sotto un unico denominatore, Canicattì!

Le passioni sono diventate lavoro grazie a società sportive canicattinesi che hanno creduto in me. Ma non solo, grazie al vicepresidente dell’Adise, Rocco Galasso, ad agosto ho avuto la possibilità di assistere, all’hotel “Sheraton” di Milano, agli ultimi tre giorni di calciomercato, toccando con mano una realtà che fino all’anno scorso ho sempre guardato dalla televisione. Oggi mi occupo anche di telecronache in una società di Serie A2 di Futsal, oltre che i tanti ruoli ricoperti nel club di Serie D: insomma, non mi piace avere tempo libero per me. Sono felice, però, perché nonostante la breve carriera ho avuto la possibilità di vincere un campionato di Eccellenza e probabilmente due salvezze in Serie D.

Giovanissimo al timone della comunicazione societaria del Canicattì, pochissimi anni dopo un ruolo fondamentale tra quelli dello staff tecnico di Pidatella, ad inizio di questa stagione l’opportunità di mettere in pratica l’abilitazione UEFA C Grassroots con l’incarico di tecnico della Under 19.

Mi reputo una persona fortunata, senza dubbio. Ma allo stesso tempo so che nessuno mi ha regalato nulla e la fortuna me la sono creata da solo: credo molto nel destino. Avere dei ruoli principali all’interno di un club di Serie D mi stimola parecchio e sono convinto di essere l’unico in Italia ad occuparmi di tutto ciò. Il lavoro non può autoincensarsi, sono i numeri cha parlano di me e del mio percorso e ringrazio tutti quelli che hanno sempre creduto nella mia persona. Parlando di quest’anno penso che un allenatore debba avere competenze a 360º, proprio per questo sono affascinato da tutti i ruoli che gravitano attorno al calcio.

Ci racconta un aneddoto? E, ancora, quale metodo di lavoro ha introdotto?

Certamente. Giocando in un campo di sabbia, in ogni partita vi è stata necessità di tracciare le linee del terreno di gioco con “carriola e gesso”: anche se in condizioni pietose, siamo stati sempre io e il mio collaboratore a segnarle. Oppure per quanto riguarda lo spogliatoio, siamo stati sempre noi a decorarlo, facendo trovare tutto l’abbigliamento della partita già appeso in ogni posto. Sono piccole cose che fanno la differenza a livello mentale bei ragazzi. Ti fanno capire cosa significa essere in un contesto calcio. La categoria Under 19 é la più importante secondo me, perché rappresenta un collegamento tra scuola calcio e prima squadra. Proprio per questo motivo abbiamo usato una metodologia di lavoro pari ad una prima squadra, oltre ad avere messo regole ferree nello spogliatoio e in campo. Siamo arrivati secondi anche nella coppa disciplina, questo non può che significare tanto per noi.

“Quasi” coetaneo tra i suoi ragazzi, una sorta di fuori quota, una storia probabilmente unica in Italia?

Probabilmente sì e di questo ne faccio un vanto personale. Non mi sono mai sentito superiore ai miei ragazzi, ho instaurato fin da subito un bel rapporto con tutti, pur mantenendo le distanze nel rispetto dei ruoli. Penso che la buona gestione del gruppo è la prima caratteristica che deve possedere un allenatore: bisogna dare valore e credibilità ai propri discorsi, ma non sarò di certo io a spiegare come funziona. Ovviamente prima di accettare l’incarico ho avuto anche io qualche titubanza sul come avrei dovuto gestire il gruppo, ma ad oggi ti posso dire che è stata la cosa che mi è riuscita meglio, anche perché ho avuto la fortuna di trovare un gruppo sano, composto da ragazzi per bene che fanno dello sport un motivo di crescita umana e li ringrazio pubblicamente per la dedizione con la quale si sono approcciati nella mia metodologia di lavoro di quest’anno.

Il linguaggio giovanile è in continua evoluzione. Da un giovane tecnico a un ancor più giovane roster, quale è il taglio della comunicazione con i suoi ragazzi, quanto e come vi arricchite reciprocamente?

Probabilmente la mia fortuna è questa. Riesco a prenderli per il verso giusto perché so come ragionano, soprattutto perché ho una sorella della loro età che mi fa da tester: così riesco a capire cosa devo e cosa non devo dire. Quando feci la prima riunione vennero pochi ragazzi, probabilmente una decina, ma avevano altre idee. In una settimana formammo un gruppo di 25/30 ragazzi, riuscendo a convincere con la serietà del nostro lavoro, tante persone brave umanamente e calcisticamente, non solo del paese ma di tutto l’hinterland. Abbiamo anche un gruppo whatsapp interattivo, lavoro molto con i sondaggi: ho bisogno sempre di sapere 7-8 ore prima dell’allenamento i ragazzi a disposizione per preparare esercitazioni ad/hoc: non mi piace lavorare improvvisando l’allenamento, mi piace avere tutte le schede pronte prima e per questo grande insegnamento ringrazio l’attuale collaboratore della prima squadra Francesco Millesi, professionista nel settore.

Lo abbiamo detto, è anche match analyst del team della prima squadra guidato dal tecnico Pidatella. Cosa porta con sé quotidianamente di quanto appreso dalla preziosa collaborazione con l’allenatore della squadra maggiore?

Tutto. È stato proprio mister Pidatella ha crearmi l’entusiasmo la scorsa primavera nel fare il corso Uefa C prima e ad accettare la panchina dell’Under 19 dopo. Stare al suo fianco è un privilegio che non tutti hanno: in ogni suo discorso riesce a lasciarti tanti insegnamenti di calcio e di vita senza neanche accorgertene. É una persona colta, riesce sempre ad arrivare prima degli altri in tutto: è stata una fortuna incontrarlo nel mio percorso di crescita. Anche se a livello tattico ho altre idee e prediligo un modulo diverso, tendo sempre ad ascoltare le sue dritte e i preziosi interventi degli altri membri dello staff, che mi hanno sempre supportato, in particolare l’allenatore dei portieri Daniele Trombino, l’artefice della mia figura di Match Analyst.

Coraggio della società e abnegazione sua, tanti in bocca al lupo all’inizio del nuovo percorso, ma ha raccolto nel cammino anche diffidenza riguardo giovanissima età e mancanza di esperienza?

In questi mesi ho ricevuto diversi messaggi di incoraggiamento e di complimenti da tanti addetti ai lavori, locali e non. Avere tante attenzioni fa sicuramente piacere, soprattutto ad uno come me che non ha mai sentito la pressione su tutto quello che fa, anzi. Allo stesso tempo basti pensare però che nelle prime partite i colleghi allenatori delle squadre avversarie mi si avvicinavano per chiedere di chiamargli il mister del Canicattí per congratularsi, non pensando minimamente fossi io. Senza tralasciare i diversi commenti diffidenti sui social quando uscì la notizia: mi diedero solamente più forza!

Andiamo sul campo, adesso! Un girone di ritorno del torneo Juniores della provincia di Agrigento da stropicciarsi gli occhi: imbattuti con 8 risultati utili consecutivi, 7 vittorie intervallate da un unico pari.

Chiaramente sono soddisfatto del nostro percorso in campionato, anche se abbiamo l’amaro in bocca per quel girone d’andata abbastanza sottotono che ci ha precluso la prima posizione. Con il mio preparatore atletico Francesco Pilonero, che ringrazio per l’indispensabile collaborazione, abbiamo curato i dettagli: lavoriamo tanto con la tecnologia, riprendiamo gli allenamenti con la telecamera per far vedere ai ragazzi l’atteggiamento con cui si lavora e diverse situazioni tattiche, collettive e individuali. Addirittura, abbiamo fatto un allenamento a mare, sulla spiaggia, con il tramonto, spostandoci di 40 km: non è da tutti. Ovviamente l’aver lavorato con meticolosità, dunque, ha portato i suoi frutti, oltre ad aver inserito in rosa diversi elementi importanti nel mese di gennaio. Quest’anno ho proposto un modulo diverso dai tipici 4-3-3, 4-4-2 o 3-5-2 delle scuole calcio: i ragazzi per la prima volta si sono calati nel 4-2-3-1, per cui ci è voluto un po’ di tempo per assimilarlo bene.

Quali sono state le scelte che hanno portato a tramutare le tante insidie dietro l’angolo di un giovane tecnico alla sua prima esperienza in frutti oggi visibili agli occhi di tutti?

La caparbietà di voler arrivare e la voglia di poter dimostrare che non esiste alcun sogno irrealizzabile. Ho lavorato giorno e notte, chi mi conosce sa quanta dedizione metto in tutto quello che faccio. Parlo spesso di voler dimostrare che l’età è solo un numero perché ho rabbia per il fatto che sono ancora “troppo piccolo” e per legge devo ancora aspettare altri 18 mesi prima di prendere il patentino “Uefa B”: pazienza, attenderò!

La juniores

Vorremmo fare un bel regalo  –  si congeda il nostro intervistato – alla società, ma anche a noi e a tutta la gente che gravita attorno l’Under 19 del Canicattí. Ci alleniamo costantemente da 6 mesi per un totale di 91 sedute d’allenamento con una presenza media giornaliera di 16-18 ragazzi (numeri al pari di squadre di Eccellenza). Sacrifici su sacrifici, ci siamo allenati anche in giorni di festa o sotto il diluvio in un campo di sabbia ai limiti della praticabilità: puntiamo ad arrivare più in alto possibile per dare un senso ai nostri sforzi, ai nostri sudori, consci del fatto che se dovessimo superare i quarti di finale sarebbe record per la Città di Canicattí, in quanto nella “fase regionale SerieD” questo club non ha fondamentalmente mai superato il primo turno”.
VINCENZO LA CORTE