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Bonaccorsi, difensore con il vizio del gol nel Varese “Sogno di giocare nella mia Catania”

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23 Gennaio 2025, 13:41

Sei in gol in campionato per un difensore costituiscono un patrimonio inestimabile. A Varese se lo tengono stretto. Se lo coccolano. E lui ricambia con prestazioni da copertina. Samuele Bonaccorsi ha oggi 26 anni. Un leader silenzioso, un gladiatore in campo. Un giocatore che ha sempre badato a fare i fatti, cresciuto a pane e calcio da papà Maurizio, ex giocatore di Catania e Giarre. Dopo l’esperienza a Novara in Serie C, ecco – per caso, grazie al mercato – accettare di indossare la maglia di una delle culle storiche del calcio italiano che, ricordiamo, lanciò il grande Pietro Anastasi e nella squadra qualche anno addietro lanciò Petkovic.

“Ho atteso un trasferimento in C, poi Varese, dopo l’infortunio del difensore centrale, mi ha proposto il contratto e non mi sono fatto scappare l’occasione. Indossare la maglia di una piazza storica come quella varesina mi inorgoglisce e mi spinge a dare il massimo sempre”.

In campionato il Varese è terzo in classifica, a 11 punti dal Bra, primo, subito dietro al Vado. “Siamo reduci da un momento positivo, domenica abbiamo pareggiato dopo 4 vittorie di fila. Possiamo fare bene. La società, lo staff tecnico e i tifosi lo meritano”. Il Catania, il suo Catania, rimane la squadra che lo ha cresciuto all’interno di un gruppo di giocatori – che fece due semifinali nazionali Berretti – allenati da Giovanni Pulvirenti. Un gruppo oggi di giocatori capaci di vivere carriere importanti. “Siamo amici, ci vogliamo bene e ci rispettiamo. Ancora oggi i miei compagni in rossazzurro sono un riferimento nella mia vita. Siamo ancora oggi molto uniti. Con Alessio Rizzo mi vedo spesso, gioca nel Novaromentin. Pannitteri indossa la maglia del Lumezzane, Biondi nella Clodiense”.

Una carriera costruita al Nord, dopo la fine della parentesi rossazzurra.Solo l’anno del covid ho giocato nel Biancavilla in D, per il resto sono stato sempre in squadre del Nord. L’esperienza a Novara e i due anni in C restano senz’altro momenti importanti”. Un dirigente storico del Catania, Mario Marino, molto attento al futuro dei giovani calciatori, sosteneva (e sostiene) che per la loro crescita sia consigliabile vivere l’esperienza sportiva in Serie D, nei gironi settentrionali. “Le differenze – continua – sono notevoli. Posso fare un confronto dal punto di vista delle strutture, ma anche di qualità. Le partite sono seguite da tanti osservatori che seguono i numerosi giovani che arrivano dai grandi club per farsi le ossa, c’è una grande attenzione generale, ci sono grandi piazze. Tutto è diverso”.

Il rapporto con il tecnico Pulvirenti

Il capitolo allenatori è quello che tocca le corde vibranti, quelle del cuore e anche della memoria. Perché Giovanni Pulvirenti non è stato nel Catania solo un tecnico, ma qualcosa in più. “Anche se sono passati anni lo ringrazierò per quello che mi ha dato e dato a tutti noi. È stato lui a indirizzarmi più di tutti sulla vita da calciatore in campo e fuori. Ancora oggi ci sentiamo. Poi, nel complesso, ho sempre avuto un rapporto con tutti gli allenatori. Mi piace ricordare l’anno con Sottil, non giocai, non venni tenuto in considerazione, ma imparai tanto”.

L’amore per il suo Catania

Il Catania rimane sempre la porta aperta,  quella della speranza e dei desideri. “Il mio sogno, il sogno di ogni giocatore catanese è indossare la maglia del Catania e giocare al Massimino. Racconto un aneddoto. Quando vado a correre al Cus Catania, ascoltando la musica, mi sogno di segnare nello stadio di casa e di correre sotto la curva”. La Berretti di Pulvirenti conquistò due semifinali scudetto, la seconda, purtroppo, fu segnata da una sfortunata lotteria dei rigori, passata alla storia con il Renate. “Pulvirenti ci chiese il risultato nel primo anno perché voleva andare dal Papa. E lo abbiamo accontentato. Le finali si giocarono a Roma, perdemmo con l’Arezzo. Per me, e i miei compagni, fu un’emozione straordinaria. Con il Renate tirai io per primo il rigore, da capitano dovevo portare l’esempio”.

Papà Maurizio è stato determinante nella vita sportiva di Samuele. “Penso sia stato alla fine lui che mi ha trasferito questa passione e che la condivido insieme a mio fratello, fin da piccoli giocavamo con lui che alla fine si è dedicato al basket. Io continuo nel calcio, a crederci, non voglio fermarmi”. La corsa dopo ogni gol. Il cuore verso la tribuna. Samuele ha sempre segnato in carriera. La sua specialità erano le rovesciate. Ne segnò due, una in particolare con l’Akragas. “Purtroppo un infortunio al braccio mi costringe a non rischiare più questa soluzione. Il cuore? Verso la mia fidanzata Carla, con le condivido la mia vita. E poi il cuore è per mia mamma Letizia. Per lei, lo è sempre”.

 

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23 Gennaio 2025, 13:41

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