Alessio Rizzo, storia di resilienza: “Al Novaromentin sono rinato dopo l’infortunio”

di Nunzio Currenti

La sua è una storia di resilienza, di valori e di talento. Perché Alessio Rizzo, 26 anni il prossimo 3 ottobre, è un giocatore di talento. Da quei campi del XXXI maggio sono quel bimbo cominciava a farsi notare a suon di palleggi a oggi di acqua sotto i ponti ne è passata. E quell’acqua oggi è un fiume di valori e di vita.

Gioco – confessa il trequartista catanese – nel Novaromentin (ex Ticino ndr). Per me rappresenta una tappa sicuramente troppo importante perché si presenta nel momento più difficile della mia carriera. Qui ho trovato una grande famiglia, una società che mi ha voluto prendere nonostante fossi reduce dall’operazione al crociato. Colgo l’occasione per ringraziare la società, il presidente per l’opportunità data in particolar modo in mio Procuratore Andrea Provenzano e, soprattutto, il Direttore Bratto per aver puntato su di me e di questo ne sarò riconoscente per sempre. Un’esperienza che sa di rinascita e rivincita”.

 

 

Giocare nei gironi settentrionali della Serie D è sicuramente importante e può consentire ad Alessio Rizzo, fortuna permettendo, di rilanciarsi. “Penso che per un giocatore dalle mie caratteristiche a giocare al nord ti facilita tanto sia per caratteristiche ma anche per visibilità. Gioco, vicino Milano a Novara. Nel giro di 40-50 km ci stanno tante squadre che militano nei professionisti. La prospettiva è, sempre, quella di tornare nei professionisti. Sarei molto contento se lo facessi con questa maglia avrebbe doppio valore per me”.

Quando pensi di aver toccato il cielo con un dito l’imponderabile è sempre dietro l’angolo.  “L’ultimo infortunio – continua – mi ha fatto cambiare tanto soprattutto a livello caratteriale. Mi ha fatto capire che certi infortuni non vanno subiti, ma vanno aggrediti. Di questo non è sicuramente solamente merito mio ma anche merito della mia famiglia perché nel buio più totale quando mi sono girato ho sempre trovato loro accanto a me”.

Rialzarsi da buon siciliano con la piena consapevolezza di poter scrivere una storia diversa. “Oggi a distanza di un anno dell’infortunio mi sento un giocatore diverso tornato come prima anzi meglio e oggi voglio riprendermi quello che ho perso l’anno scorso. Ho imparato a soffire, a cadere e a rialzarsi”.

Scendiamo in Sicilia e analizziamo il punto di vista tecnico del girone I. “Un girone molto tosto – spiega – ma a maggior ragione quest’anno con 12 squadre siciliane con tante squadre tra l’altro che lottano per vincere il campionato il livello si è sicuramente alzato e non mi dispiacerebbe rigiocarlo. Il girone A? Tipologia diversa. Non c’è la squadra ammazzacampionato. Quest’anno troviamo il Varese, il Vado, Chisola e ci siamo pure noi. Come del resto c’è anche la Sanremese, mia ex squadra, e Ligorna hanno fatto sempre buoni squadre”.

“Oggi penso che la Serie D sia un trampolino di lancio, soprattutto, per molti giovani e ne vediamo tanti sia per questa regola, comunque, degli Under. Se sfruttano l’occasione giusta è un passo salire. Per noi magari più grandi è sempre un’opportunità”.

Alessio Rizzo, talento assoluto sin da piccolo, sin dal primo provino con l’Empoli. Di quel bimbo che fece il provino ad Empoli non è cambiato nulla. È rimasta sempre quella passione di una volta, la stessa voglia di andare al campo,  la stessa predisposizione al sacrificio, sempre quelle farfalle  allo stomaco prima di una partita e quella stessa adrenalina dopo un gol, quella voglia di fare sempre bene, di dare sempre il massimo e di raggiungere gli obiettivi predisposti, quella allegria  e quella giusta spensieratezza perché ricordiamo che è uno sport “

Che bella storia la famiglia Rizzo. Sempre vicina, sempre attenta. “Tra gli affetti mi sento di ringraziare i miei genitori che non mi hanno mai fatto mancare nulla in particolare mia mamma e mio papà. Lui è il mio primo fan sfegatato da sempre e che ancora oggi prendere aerei, treni per vedermi giocare. I miei 3 fratelli Salvo Diego e joseph che per me rappresentano tutto ciò che conta davvero nella vita e mia nonna che nel suo piccolo con tutti i problemi   mi ha sempre dato un motivo in più per non mollare mai “.

Le isole felici nel settore giovanile. “Catania Nuova in primis e il Catania sono stati troppo importanti per la mia formazione. Gli anni del Catania Nuova rappresentano i primi anni, i miei primi calci ad un pallone e quindi, sicuramente, sono stati troppo importanti (dell’era Cascio  ti parlo) sono stati troppo importanti perché lì comincio a sognare. Poi per 10 anni Catania è stata la tappa più importante a livello umano. In primis, perché ho avuto la fortuna di essere allenato da allenatori come Giovanni Pulvirenti che per me come dico sempre rappresenta il calcio giovanile. Mi ha aiutato tanto e mi ha dato tanto oltre che all’aspetto tecnico soprattutto a livello umano perché non mi dimenticherò mai che prima di formare i calciatori lui ha sempre formato uomini. Poi comunque in generale Catania rappresenta una tappa importante perché mi sono preso tante soddisfazioni. Per i rimpianti? Fanno parte della vita, bisogna guardare avanti”.